Nelle settimane successive agli attacchi, i lavoratori adibiti allo sgombero delle macerie hanno raccontato di temperature eccessivamente alte sotto i resti del World Trade Center 1, 2 e 7. Nel contempo descrivono pozze di acciaio e metallo fuso nel sottosuolo mentre continuavano a gettare tonnellate di acqua e Pyrocool (quest'ultima una sostanza usata per spegnere incendi di metallo) sulle macerie fumanti, la cui superficie a CINQUE giorni dai crolli presentava ancora le stesse temperature descritte (circa 700 gradi centigradi), come mostra questa fotografia termografica della NASA:
C'è chi potrebbe giustamente suggerire che l'incendio abbia continuato a bruciare alimentato dagli arredamenti degli uffici (scrivanie, telefoni, sedie, pannelli, ecc...) dei grattacieli, dove vi era sufficiente ossigeno per la combustione dei materiali. Questo potrebbe dunque spiegare il calore intenso sulla superficie di Ground Zero. Il problema però, in questo caso, è che un "normale" incendio da ufficio non può causare la fusione dei metalli come l'acciaio, la cui temperatura di fusione si aggira attorno ai 1500° C. La cosa non cambia anche se vi viene aggiunto un combustibile come il kerosene (in questo caso il carburante degli aerei che hanno colpito le torri gemelle), secondo anche il parere di Jonathan Barnett.
Durante lo sgombero di Ground Zero vennero ritrovati anche dei reperti molto curiosi e sicuramente anomali, come il famoso "meteorite" (esposto all'hangar 17) e altri oggetti analoghi, come le numerose travi d'acciaio deformate senza alcuna spaccatura nel ferro o i blocchi di cemento fuso esposti al New York City Police Museum.
La stessa Appendice C del rapporto FEMA (Federal Emergency Management Agency), nella quale è descritta una perizia metallurgica su alcuni reperti del WTC, parla di una corrosione anomala dell'acciaio dovuta ad un'azione di sulfurazione e ossidazione ad alta temperatura (circa 1000°C) che ha praticamente liquefatto l'acciaio. Come descritto nel riassunto del reperto 1:
L'assottigliamento dell'acciaio è avvenuto tramite una corrosione ad alta temperatura, a causa di una combinazine di ossidazione e solfurazione.
Il riscaldamento dell'acciaio in un ambiento corrosivo caldo che si avvicina ai 1000° C. produce una mistura eutettica di ferro, ossigeno e zolfo che ha liquefatto l'acciaio.
L'azione della solfurazione sui grani esterni dell'acciaio ha accelerato la corrosione e l'erosione dell'acciaio.
E conclude dicendo:
"La grave corrosione e conseguente erosione dei campioni 1 e 2 sono un evento molto raro. Non è stata trovata alcuna spiegazione chiara per la provenienza dello zolfo. La rapidità a cui la corrosione è avvenuta è anch'essa sconosciuta. E' possibile che essa sia il risultato di un riscaldamento molto lungo e duraturo nel terreno in seguito al crollo degli edifici. E' anche possibile che il fenomeno sia cominciato prima del crollo e abbia accelerato l'indebolimento della struttura di acciaio. Uno studio approfondito sui meccanismi di questo fenomeno è necessario per capire se e quali rischi corrono le strutture di acciaio attualmente esistenti se sottoposte a incendi gravi e duraturi."
Peccato che quello "studio approfondito", per comprendere meglio il fenomeno, non sia mai stato fatto.
E conclude dicendo:
"La grave corrosione e conseguente erosione dei campioni 1 e 2 sono un evento molto raro. Non è stata trovata alcuna spiegazione chiara per la provenienza dello zolfo. La rapidità a cui la corrosione è avvenuta è anch'essa sconosciuta. E' possibile che essa sia il risultato di un riscaldamento molto lungo e duraturo nel terreno in seguito al crollo degli edifici. E' anche possibile che il fenomeno sia cominciato prima del crollo e abbia accelerato l'indebolimento della struttura di acciaio. Uno studio approfondito sui meccanismi di questo fenomeno è necessario per capire se e quali rischi corrono le strutture di acciaio attualmente esistenti se sottoposte a incendi gravi e duraturi."
Peccato che quello "studio approfondito", per comprendere meglio il fenomeno, non sia mai stato fatto.
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Su questo argomento, Steven Jones (professore di fisica alla Vanderbilt University e fondatore di Scholars for 9/11 truth), in collaborazione con Niels Hoger Harrit (chimico delle radiazioni, docente all'università di Copenhagen), e altri scienziati, hanno redatto uno studio che ha passato il peer-review sul The Open Chemical Physics Journal e per il quale la capo redattrice della stessa rivista ha dovuto dare le dimissioni (o è stata costretta a dare le dimissioni) commentandolo e criticandolo malamente, senza però smentirlo sul piano scientifico, pubblicando a sua volta uno studio peer-review per dimostrarne le falle o le eventuali inesattezze. Lo studio in questione (consultabile qui) dimostra sul piano scientifico la presenza di nano-thermite ancora attiva nelle polveri delle macerie del WTC. Lo stesso ingegnere chimico Mark Basile concorda con le conclusioni di Harrit e Jones, avendo a sua volta analizzato gli stessi materiali.
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